Miller style

La stagione volge al termine e a prescindere dalle (o dalla) gara che ancora voglio fare, mi rimaneva una cosina da sistemare: FKT. Il nostro Fkt, lo ricordo, è un giro collinare di poco meno di 14 km e con un D+ di circa 400m ed attualmente il Fagiano che lo ha percorso più velocemente è il nostro presidente: poco più di un’ora e quattordici minuti. Pur essendo stato istituito a inizio anno, ho provato il giro solo tre o quattro volte, e sempre in modalità “accompagnatore” di chi non conosceva il percorso, per cui il mio tempo in bacheca risultava abbastanza alto per le mie possibilità. Sabato mattina, trovandomi a correre col Bosca e con il capitano Perbe ho pensato potesse essere la volta buona di provarlo, per cui alla partenza, seppur celando  il tentativo dietro un diplomatico “vado piano” (il Bosca) o “sono totalmente fuori forma” (il Perbe) era ben chiaro che nessuno dei presenti avrebbe mollato un fottuto cazzo. Nella corsa (come peraltro sempre in montagna, anche quando arrampico) sono molto formica e poco cicala, mi piace tenermi per quanto possibile del margine ma sabato no, avevo deciso: per un giorno volevo essere scriteriato, per un giorno volevo essere Zach Miller, che corre sempre e solo a tutta, e vince o salta (come lo scorso anno alla UTMB dove era in testa fino al km 130 per poi non entrare nemmeno nei 10). Insomma volevo provare ad essere Mauro ! E così dopo un passaggio al Forte abbastanza cautelativo ho allungato sulla discesa verso Marcellise e su quella dell’asilo (2 km in 7 minuti circa !!) arrivando alla salita verso il Capitello di Sant’Antonio con i primi 4 km erano corsi in 18 minuti. E anche lì il Signore, che mi vuole bene e mi accontenta quando può, mi ha ascoltato e mi ha fatto essere Mauro, in quanto mi sono piantato quasi come lui a Moruri qualche anno fa, arrivando a camminare e facendomi riprendere dai due furboni dietro che, ben lungi dall’essere “stanchi” o “fuori forma”, hanno corricchiato tutta la salita fino a riprendermi chiacchierando !! Siamo quindi saliti fino a Castagnè senza forzare troppo e abbiamo preso la discesa delle Rive Bianche di buona lena ma senza esagerare, ed è stato meglio così, perché il diabolico Bosca sull’ultima salita verso il Capitello e la Cantina di Sant’Antonio, ha dato una bella tirata giustificandosi dicendo” così arriviamo entro un’ora e venticinque”. La parte in asfalto è corsa via veloce tanto da vederci arrivare nel quartierino come Zach Miller alla San Francisco 50 del 2016 (vedi video in fondo) ed alla fontana come tre disperati, tanto da doverci sdraiare per prendere il respiro. Ecco, la mia esperienza alla Zach Miller l’ho vissuta e credo mi sia bastato. La prossima volta provo a usare il cervello, anche se il record del presidente non mi sembra alla portata.

Ah, qualcuno interessa sapere il tempo impiegato ? 1h 18′ 30″

Scommettiamo che ….?

E’ nato con la cena Fagiana (era legato al Sellaronda Trail poi cancellato dall’organizzazione) ma si sta riproponendo il rito di “puntare” un poco più che simbolico premio sulla riuscita o meno da parte di un Fagiano, di chiudere una corsa in un determinato tempo. La cosa a mio avviso, se resta nei canoni attuali, diventa uno stimolo e un divertente modo di partecipare anche da casa alle vicissitudini competitivi degli amici in corsa. Proprio per questo motivo vorrei proporre un codice, rispettando il quale, si rimane nell’ambito del goliardico e si permette a tutti di scommettere senza “svenarsi”. A mio avviso si potrebbe dire che si può scommettere su ogni runner al massimo un tagliere di salumi o una caraffa di birra (che a San Briccio trasformiamo in 4 birre medie). La scommessa si ritiene valida quando il diretto interessato la “copre” accettando la sfida.

A questo punto riassumo le scommesse in atto per il Trail degli eroi, che vedrà alla partenza diversi Fagiani:

  • Sajo in 4h50′ – Spina (accettata)
  • Taddy 8h30′ – Bosca (accettata)
  • Ferdi 7h30′ – Spina (accettata)
  • Bei 6h15′ – Bosca (accettata)
  • Bei 5h45′ – Spina (accettata)
  • Tonno 5h44′ – Spina (accettata)
  • Rolly 5h45′ – Spina (accettata)
  • Taddy 8h00′ – Spina (non accettata)
  • Taddy 8h15” – Perbe (non accettata)
  • Rolly 5h25′ – Bosca (non accettata)

Che altro dire; onore ai coraggiosi e anche ai non, un Forza Fagiani e un augurio di uno splendido terzo tempo (anca parchè i ristori i ga solo acqua !!).

FKT aggiornato 22/09 SAN BRICCIO – 14 km, D+ 470 m

NOME DATA TEMPO NOTE
SAJO 13/03/2017 1h 14′ 36″
FERDI 07/02/2017 1h 17′ 40″
BOSCA 07/02/2017 1h 19′ 00″
MAURO 06/04/2017 1h 19′ 45″
PERBE 13/03/2017 1h 21′ 41″
TADDY 06/04/2017 1h 24′ 24″
PITO 07/02/2017 1h 25′ 55″
GEDE 28/01/2017 1h 28′ 31″
MOZ 28/01/2017 1h 28′ 31″
TORELLO 16/09/2017 1h 28′ 37″
TONNO 16/09/2017 1h 28′ 37″
SPINA 11/05/2017 1h 36′ 15″
BACI 11/05/2017 1h 36′ 15″
ANDREA ROLANDO 20/07/2017 1h 36′ 23″
BEPPE 24/01/2017 1h 43′ 00″ ghiaccio in discesa
BEI 21/03/2017 2h 06′ 09″

Angel Crest 100

Ho spesso fatto riferimento nei miei scritti a quanto apprendo e leggo sulla rivista Spirito Trail. E anche stavolta nel loro sito ho trovato un racconto molto bello. In questo mio periodo di scarsa ispirazione ve lo ripropongo pari pari (tanto è pubblicato “in chiaro” ), spero che vi piaccia come è piaciuto a me

Il mondo del trail americano è sempre più conosciuto in Europa, un po’ perché i runner americani vengono più spesso a misurarsi con i percorsi europei, un po’ perché siamo noi ad avvicinarci alle gare americane.

In molti hanno seguito la cavalcata di Timmy Olson a segnare un nuovo standard nella più antica 100 miglia trail al mondo, la Western States. La folle corsa di Kyle Skaggs nelle montagne di San Juan ha reso una gara già leggendaria come l’Hardrock un metro di paragone su cui tanti si sono misurati, ma nessuno ha superato. Per non parlare della Leadville con l’icona di Matt Carpenter, che sulle montagne del Colorado ha scritto pagine di storia del trail running.

Ma c’è un altra gara, forse meno mediatica e quindi poco conosciuta, la cui leggenda è legata a doppio filo con un record vecchio di 24 anni e la persona che lo detiene: è la Angeles Crest 100, e il runner è Jim O’Brien.

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Insegnante di Educazione Fisica e allenatore di atletica, Jim si avvicina alle ultra nell’86 dopo aver corso 13 maratone in 12 mesi, “principalmente per demistificare l’intero concetto di maratona”. Viene a conoscenza del fatto che Ken Hamada vuole organizzare una 100 miglia a Los Angeles, per evitare di dover andare fino in Nor Cal per allenarsi e gareggiare sul terreno della WS (Ken ha sempre affermato di aver iniziato la AC 100 per salvare qualche matrimonio) e nell’87 si iscrive. Corre con la bronchite, ma arriva terzo dietro ad altri due Jim, Gensichen e Pellon (un uomo che sui secondi posti ha la sua da dire, ben tre volte alla WS). Finisce a letto con una severa polmonite, ma il viaggio attraverso le colline di San Gabriel ha messo in moto il cervello di Jim che analizza a fondo tutte le variabili e ne esce con un piano studiato nei minimi particolari per portarsi a casa la gara.

Si allena con dei chilometraggi mostruosi, senza trascurare massacranti sedute di velocità e cercando di stare il più possibile sul percorso con dei weekend da 100 miglia in tre giorni. Mette insieme meticolosamente la crew e i pacers, e il suo spirito anticonformista lo porta a sperimentare una dieta liquida, a dispetto del credo dell’epoca che consigliava cibi solidi nelle gare di endurance: in gara Jim si nutre esclusivamente di succo di mango addizionato di carboidrati semplici in polvere e una bevanda proteica ogni 25 miglia. È uno dei primi, inoltre, a capire l’importanza degli elettroliti sciogliendo del potassio nelle sue borracce d’acqua. Arriva al giorno della gara dopo dieci settimane consecutive tra le 150 e le 200 miglia (stiamo parlando di 320 chilometri a settimana!) e due di riposo, pronto a dare battaglia. Nella sua mente ci sono tre target: A eguagliare il record, B abbassarlo, C scendere sotto le 18 ore.

È una giornata di agosto fortunatamente non troppo calda. Jim parte veloce senza più guardarsi indietro, al miglio 59 è in anticipo su tutte le tabelle, al 63 arriva prima ancora dei volontari dell’Aid Station che supera salendo a Newcomb’s Pass. Di lì l’inversione termica crea una cappa di nebbia micidiale, ma Jim conosce il percorso a memoria dopo averci passato delle settimane intere. A Chantry (miglio 78) si ferma 10 minuti come pianificato per farsi massaggiare, poi attacca l’ultima parte con la terribile salita al Mt Wilson: arriverà al Rose Bowl, Pasadena, in 17:35, su un percorso di 102 miglia di sentiero tecnico e massacrante. Tanto per dare un’idea, dall’89 ad oggi, l’unico ad avvicinarsi di un’ora al suo tempo è stato Hal Koerner, due volte vincitore alla WS ed una alla Hardrock. Tutti gli altri non sono mai scesi sotto le 19 ore. Mostruoso.

Negli anni a seguire Jim affronta le altre 100 miglia americane (all’epoca solo sei, Western States, Leadville, Old Dominion, Wasatch e Vermont oltre alla stessa Angeles Crest). Alla Wasatch, in una giornata terrificante, su un percorso già di suo difficile e complicato da seguire, anticipa il Race Director John Grobben che si avvicinava alla aid station di Brighton per cancellare la gara, decretandone quindi la prosecuzione: vincerà con più di due ore sul secondo dei sopravvissuti. Alla Leadville, sotto l’ennesima pioggia che si tramuta in grandine, demolisce Skip Hamilton, l’autoproclamato “sindaco di Leadville”, con una strategia suicida di continui allunghi sulla salita all’Hope Pass, per poi stroncare anche Bill Clements ed arrivare per le strade di Leadville ricoperte da 10 cm di grandine con uno stellare 17:55. Nuovo record, che verrà battuto soltanto anni dopo dal tarahumara Juan Herrera.

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Se la figura di Jim è ricordata soprattutto per l’impresa del record alla AC (una giornata che lui stesso definisce “magica, tutto girò per il verso giusto”), tutta la sua meticolosità, il suo anticonformismo, la sua dedizione, vengono fuori dai racconti delle persone che Jim O’Brien ha allenato nel corso degli anni.

Jennifer Johnston (altro record del percorso femminile, con l’aiuto di Jim come pacer) ricorda ancora oggi le sue tabelle da rispettare alla virgola, ma parla con ammirazione di come Jim O’Brien sia stato capace di infondere in lei e negli altri atleti che seguiva un tale amore per la corsa, che le settimane da 100 miglia diventavano non solo possibili, ma anche divertenti. La meraviglia di trovarsi delle ripetute da 200 X 20 nella tabella di allenamento per una 100 miglia, o di doppi da 20 miglia perché “tutti sono capaci a fare 40 miglia, ma se si spezzano in due si tiene il ritmo molto più alto”. Le Full Blarney (dal nome del team di gente che O’Brien seguiva, atleti dai 16 ai 65 anni che correvano dai 5.000 in pista alle 100 miglia trail), cicli da 10 settimane con chilometraggio over 100 miglia. Ma anche l’assenza di infortuni, i record che arrivavano per tutti, dall’amatore a quelli che dopo la cura O’Brian erano diventati atleti elite come Joe Franko.
Tutti i suoi “atleti” sottolineano come Jim ti mettesse in condizione di sapere dentro di te che eri preparato al meglio per quello che dovevi affrontare, che avevi i mezzi per arrivare in fondo e di farlo nella maniera più veloce possibile. Come quando Cesar Cepeda gli disse dopo un fine settimana da 75 miglia passate sul percorso della AC in allenamento, di avere male alle ginocchia e non poter fare la settimana di carico che aveva in tabella. Jim, con grande calma gli chiese “Cosa intendi per dolore?”. Il povero Cepeda disse di stare male, genericamente di sentire dolore: O’Brien prontamente gli spiegò la differenza tra dolore e disagio. E che un ultrarunner doveva conoscerla, perché ci sarebbe sempre stato disagio durante una gara. Uno ti avrebbe fermato, l’altro sarebbe solo stato un fastidio. Ma gli ritoccò comunque la tabella: da 90 ad un abbordabile 87 miglia!

Jim O’Brien ha lasciato poi le gare per un grave infortunio, ma continua ad insegnare e far rispettare le sue tabelle micidiali. È quasi sempre presente alla AC, dove dà una mano alle aid stations o all’arrivo. Il suo incredibile record, nel frattempo, ha resistito a generazioni di ultrarunner, e nonostante in tanti (tra cui Krupicka e Roes) abbiano manifestato l’intenzione di prenderselo, e il percorso attuale sia di due miglia più corto, ancora nessuno è riuscito a correre più veloce di lui sulle San Gabriel Mountains.

 

(“QUI AMERICA”, Spirito Trail, maggio 2013)

La regola

In Hangover (Una notte da Leoni) il padre di Alan rivolgendosi al suo futuro genero (Doug) gli dice la seguente frase:

Quello che succede a Las Vegas resta a Las Vegas! A parte l’herpes, quello torna insieme a te.

Mi trovo perciò (purtroppo, perché certe cose non dovrebbe nemmeno servire dirle) concorde con l’avvocato Alvaro nel pubblicare la seguente missiva.

Alvaro

FKT aggiornato 08/09 SAN BRICCIO – 14 km, D+ 470 m

SAJO 13/03/2017 1h 14′ 36″
FERDI 07/02/2017 1h 17′ 40″
BOSCA 07/02/2017 1h 19′ 00″
MAURO 06/04/2017 1h 19′ 45″
PERBE 13/03/2017 1h 21′ 41″
TADDY 06/04/2017 1h 24′ 24″
PITO 07/02/2017 1h 25′ 55″
GEDE 28/01/2017 1h 28′ 31″
MOZ 28/01/2017 1h 28′ 31″
TORELLO 24/01/2017 1h 36′ 15″
SPINA 24/01/2017 1h 36′ 15″
TONNO 11/05/2017 1h 36′ 15″
BACI 11/05/2017 1h 36′ 15″
ANDREA ROLANDO 20/07/2017 1h 36′ 23″
BEPPE 24/01/2017 1h 43′ 00″ ghiaccio in discesa
BEI 21/03/2017 2h 06′ 09″

Tu chiamale se vuoi….emozioni

Ovvio che prima di fare una citazione dello spessore del titolo bisognerebbe essere autorizzati da Mogol in persona, ma alcuni dei momenti vissuti ieri sera mi hanno dato veramente una ridda di stimoli. Ma andiamo in ordine….

Nel gioco delle uscite settimanali mi trovo spiazzato in quanto alcuni del gruppo vanno mercoledì, alcuni restano in collina o in piano e molti (troppi) non vanno, per cui quando al solito appello su whatsapp nessuno è disponibile ad accompagnarmi, prendo la palla al balzo e decido di fare qualcosa che da un po’ mi girava per la testa: un’uscita notturna sul Carega da solo. Mi sono sempre chiesto che effetto dovesse fare trovarsi di notte tra i monti in assoluta solitudine e così ho deciso che sarebbe stata la volta buona. In prima battuta ho optato per il giro Gosse-Lausen-Giazza, lusingato dalla luna piena, poi però ho considerato che a causa dei lupi avrei potuto trovare a guardia delle vacche al pascolo qualche simpatico cane pastore  al quale un trail runner da solo avrebbe potuto confondere le idee. Avevo quindi scelto un Dogana-Tre Croci-Scalorbi-Dogana quando, parlando col Bei ( a cui avevo delegato il compito di venire a cercarmi la mattina dopo nel caso non avesse ricevuto mie notizie entro la notte), mi ha suggerito un Lago Secco-Malga Terrazzo-Monte Terrazzo-Tre Croci-Lago Secco. Mi ha convinto il fatto che avrei percorso un sentiero poco frequentato da umani ma molto da animali, lungo il quale avrei goduto per ampi tratti della compagnia della luna piena e inoltre compatibile con i miei tempi. Il fatto di non poter contare su nessuno mi ha costretto a prendere alcune precauzioni (doppia pila, il telefono con me, una giacca in più) e l’emozione insolita prima di un allenamento mi ha dato un ulteriore spinta. Dopo il lavoro sono perciò andato direttamente al Lago Secco e dopo essermi cambiato, guardando la mia macchina sola soletto nel parcheggio, con gli ultimi raggi di sole sono partito. Arrivato a Malga Terrazzo il sole era tramontato e la salita successiva mi ha visto illuminato dalla luna e con un sottofondo di campanacci delle vacche che arrivavano dai Parpari dall’altra parte della valle. Una meraviglia ! Mi sono fermato più volte a fare foto (con esiti pessimi) e una volta arrivato sulla cima del Terrazzo un paio di camosci mi hanno attraversato il sentiero provocandomi una leggera aritmia e un rigonfiamento posteriore delle mutande. Ho realizzato inoltre che il fatto di correre provoca un doppio effetto sorpresa, agli animali che ti vedono arrivare a gran velocità (si fa per dire) e a me che dietro ad ogni angolo  trovavo un fuggi fuggi generale. A quel punto la corsa idilliaca ha preso contorni meno leggeri, un po’ preoccupato da eventuali possibili incontri più diretti ( e non sto pensando ai lupi, che so già non avrò mai la fortuna di poter vedere dal vivo). Il presentimento si è avverato appena dopo  il Passo Zevola: solito gruppo di camosci in fuga, solito nugolo di occhi che ti guardano dal buio a bordo sentiero

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Di chi saranno quei begli occhietti che mi spiano ??

tranne per uno che rimane imperterrito a bordo sentiero a guardarmi ed a soffiare. E’ più sollevato rispetto a me perciò non mi arrischio a passare per timore che salti e mi colpisca proprio nel momento in cui sono alla sua altezza. Batto le mani, parlo forte, fingo di corrergli incontro ma niente, non si schioda. Sono a casa sua, da solo e in condizione di svantaggio perciò mi fa provare quello che lui ed i suoi simili provano di giorno quando in gruppi di magari 10 escursionisti li spaventiamo urlando e facendo gli spavaldi. Ha ragione, per cui non mi sembra giusto tirargli un sasso e attendo di vedere cosa intende fare. Alla fine dopo più di un minuto buono si sposta e mi permette di raggiungere il Tre Croci e la discesa verso gli Orti Forestali, durante la quale canto continuamente il ritornello della canzone del Tartan Army in modo da rendere chiaro a tutti i selvatici che da lì a breve sarò in arrivo. Niente più succede fino alla macchina, se si esclude che riesco a finire le batterie di entrambe le pile (ma ho i ricambi) per cui recupero il Passat e riprendo la strada di casa ripensando alle ore trascorse nella natura. Mi sono emozionato, spaventato ed esaltato ma soprattutto ho capito quanto la vita moderna mi abbia tolto in termini di istinto e naturalità. E’ comunque un’esperienza che consiglio a tutti e nel caso qualcuno mi dia retta non posso che dirgli……. in bocca al lupo ♥♥

September

Succede che a fine agosto ci sia un informale convivio. Serve a regolare una scommessa persa dal Baci (in modo alquanto glorioso, se gloria ci può essere nella sconfitta. Certo quando tra la vittoria e la sconfitta passano pochi secondi bisogna riconoscere gran merito anche a chi non si impone) che ci regala la squisita ospitalità della sua famiglia, il mitico risotto di suo papà e un bel momento di chiacchere dai temi come al solito alquanto colti (corsa, figa e fighe che corrono).

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Tutti (o quasi) in divisa d’ordinanza

Il discorso tocca anche i prossimi impegni e così discutiamo sulle gare che vedranno le maglie gialle dei Fagiani toccare in settembre alcune località: il Grappa per gli eroi, Misurina per la Cadini e il Sella per il Sellaronda. Poi, improvvisa come un rutto dopo un ristoro di un Trail, scoppia la bagarre. C’è chi è pronto a giocarsi la credibilità di runner sull’esito della prossima gara e chi pensa che non sia fattibile. E poi c’è chi pensa a buttare benzina sul fuoco, così dopo un incontro di wrestling, qualche birra (anche più di qualche) e un caos scarsamente controllato compare un tovagliolo dove nero su bianco si formalizza quanto segue:

16/09/2017 Sellaronda – 61,5 km con 3400 D+ 

Il Fagiano Taddy ha 10h30′ di tempo (+ 10′ in omaggio) per concludere la corsa. In caso di esito negativo si impegna ad offrire ai Fagiani, nell’ambito di una serata presso il bar “Dalla Cirilla” di San Briccio, un Primo piatto e 8 taglieri di salumi

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I seguenti Fagiani si sono espressi come vado ad elencare

CONTRO (cioè, col cazzo che ce la fa ad arrivare entro quel tempo!)

  1. Spina – 2 caraffe di birra
  2. Rocco – 2 taglieri di salumi
  3. Ricki – 2 taglieri di salumi
  4. Dic – 2 caraffe di birra
  5. Perbe – 2 caraffe di birra

CONTRO (cioè, col cazzo che arrivi, salti al Pordoi !)

  1. Pito – 1 tagliere di salumi + 2 caraffe di birra

PRO (cioè, non pensiamo che ce la fara’ ma la Stefy ci paga per sostenerlo)

  1. Beppe (dopo averlo pestato sul pavimento) – 2 caraffe di birra
  2. Gede – 2 taglieri di salumi
  3. Bosca – 2 taglieri di salumi
  4. Bei+Rolli – 2 taglieri di salumi
  5. Tonno – 20 grappe
  6. Ferdi – 2 caraffe di birra

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Ed ora un’ultima considerazione: a prescindere da chi tiferà contro e chi a favore…l’unico vincitore sarà Stefano del Bar !!!