Il Vioz

Eravamo partiti dopopranzo, di sabato. Io ed il ragazzo innamorato dovevamo raggiungere il resto del gruppo che si era mosso alla mattina e dopo aver raggiunto Pejo fonti e trovato due biglietti usati per la funivia, approffittando del nostro equipaggiamento alpinistico essenziale e soprattutto della forma derivante dalla stagione di Trail, in un tempo velocissimo avevamo raggiunto il Rifugio Mantova arroccato a 3000 e passa metri trovando anche il modo di sbagliare strada ed aiutare una coppia di escursioniste in crisi. La sera era trascorsa in compagnia, cercando (nel mio caso) di limitare gli effetti del difficile adattamento alla quota che mi avrebbero portato la solita notte insonne ed il solito mal di testa. Il rumore incessante del vento aveva fatto garrire per l’intera notte la bandiera dell’Italia ormai sfilacciata all’esterno del Rifugio, e con le raffiche tese che alzavano la neve che feriva come proiettili era volata via anche la possibilità di fare la traversata prevista dal programma. Con gli altri capigita, dopo un rapido consulto col rifugista, si era deciso di fare un breve giro appena dietro la cima e di visitare il museo di Punta Linke a 3600 m, ricavato da una postazione austriaca della Grande Guerra restaurata in modo magistrale. Ricordo benissimo la grande emozione che mi diede vedere quel riparo estremo dove uomini del secolo scorso persero la vita in nome di ideali (Patria, Onore e famiglia) che in verita non riuscivano giustamente a decifrare bene in un buco nel ghiaccio a quasi 4000 m con temperature sottozero. Poi avevamo iniziato il rientro e più per lazzo che per altro in pochi avevamo tentato di salire una cimetta di nullo conto sulla via del ritorno, per poi abbandonare a pochi metri dalla vetta per paura di arrivare tardi e dover fare attendere il resto del gruppo. Ero rimasto ultimo e quando il telefono iniziò a vibrare in tasca mi stupii molto quando sul display vidi che era il mio testimone di nozze. Lo stupore divenne terribile sospetto quando mi chiese se fossero vere le voci di un incidente mortale capitato ad un comune amico. Chiamai a casa, da solo su un sentiero in mezzo alla nebbia, e seppi che tutto era purtroppo vero. E allora piansi, da solo in mezzo alla montagna.  E poi corsi in discesa, corsi e mi ricordo che caddi per terra, e che ero felice per avere una scusa per piangere. Poi raggiunsi gli altri e finsi indifferenza ma piansi ancora scendendo in seggiovia con Rocky perche tutto mi sembrava ingiusto. Come se la giustizia fosse nostra.

E’ passato ormai un anno da quel 13 settembre, e credo che sul Vioz non ci andrò più. Ciao Andrea

 

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